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COL FONDO: UN TORBIDO CASO PER IL VENETO DELLA TRADIZIONE

Metti dei folli produttori di Col Fondo insieme in una serata estiva e qualche altrettanto folle degustatore. Una formula esplosiva che ha dato vita al primo incontro carbonaro dedicato a questa tipologia. Ora la versione sui lieviti è all’interno del disciplinare di produzione del Conegliano Valdobbiadene DOCG ma non se ne parla abbastanza e addirittura se ne sta programmando l’esclusione.

UNA DEGUSTAZIONE DIVERSA DALLE ALTRE

Un amico un giorno mi manda un messaggio “ti porto a un incontro che farà la storia”. Sorrido perché poco conosco della zona, da donna di bollicine ipertese e verticali parto da casa con un po’ di scetticismo ma grande curiosità per un mondo che conosco solo marginalmente. La cosa che mi ha intrigato di più è il fatto che i produttori si sarebbero presentati tutti insieme in un confronto sulla tipologia. Questi sono momenti preziosi per cogliere informazioni, umori, per carpire i meccanismi complessi sottostanti a qualsiasi sistema territoriale fatto di equilibri.

Arrivo nella cantina di Andrea Miotto, e subito mi offrono un bicchiere di Valdobbiadene DOCG tranquillo. Comincio a capire che non sarebbe stata una giornata normale. La glera vinificata ferma non ha niente a che vedere con il Prosecco che tutti siamo abituati a conoscere. Una bella traccia fruttata matura, con note di mela e pesca accennata si chiudono in un sorso non di semplice comprensione, secco e profondo, con una bella acidità rinfrescante. Rimango sorpresa perché, pur riconoscendo il vitigno, questo vino esprime un carattere antico ma nello stesso momento moderno.

GLI ASSAGGI

Accompagnati da Giovanni Frozza si sale poi a Pianezze. Qui ci raggiungono Claudio Francavilla de l’Antica Quercia, Vitale Girardi di Malga Ribelle oltre al padrone di casa Christian Zago di Cà dei Zago. Questi produttori hanno iniziato a confrontarsi con annate e stili diversi ma non l’interpretazione che è legata indissolubilmente a questo territorio. Abbiamo assaggiato quindi i vini dei produttori iniziando un costruttivo confronto sul futuro di questa tipologia. Emergono le difficoltà che si stanno incontrando, dal non potere utilizzare il termine in etichetta (Colfondo è a tutti gli effetti un marchio registrato) o il fatto che l’esiguo numero di bottiglie di fronte alla tipologia charmat lo rende poco attenzionato dalle istituzioni.

Non vi tedio con descrizioni di sentori e profumi ma ho trovato una forte corrispondenza tra vino e terroir, dalle marne ai suoli più calcarei, vini più o meno concentrati o sapidi. La cosa più bella della serata però è stata il vedere tutti riuniti con un unico obiettivo e superare le rivalità di quartiere.

E’ appena uscito un articolo di Robert Joseph su Meininger dal titolo “ Brand First, appellation second”. L’analisi è molto anglosassone e mi ha in un certo modo ferito, da persona che crede fermamente nelle denominazioni. In realtà però si addice al Col fondo e credo che rafforzare un brand collettivo sia la strada che devono percorrere, con saggezza unione e determinazione. Quindi forza ragazzi, non vedo l’ora di tornare e riassaggiare i vostri vini, parlare e perché no sognare di un grande futuro per il Col Fondo.

Si ringraziano Massimo Zardo e Gianpaolo Giacobbo per l’invito

 
 
 

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